LA LINGUA GIAPPONESE
Una combinazione di influenze straniere ed evoluzione interna

 

 


Introduzione

 

Il Giappone ha più di 120 milioni di abitanti e, dal punto di vista linguistico, è una nazione quasi omogenea, con più del 99% della popolazione che usa la stessa lingua. Ciò significa che la lingua giapponese è la sesta lingua più parlata al mondo anche se non è parlata quasi in nessuna altra parte del mondo a parte il Giappone.
Ci sono molte teorie a proposito dell'origine della lingua giapponese. Numerosi studiosi credono che, dal punto di vista sintattico, il giapponese sia vicino ad alcune lingue altaiche come il turco e il mongolo. L'analogia sintattica con il coreano è ampiamente riconosciuta. In epoca preistorica, la morfologia e il vocabolario del giapponese furono influenzati dalle lingue maleo-polinesiane. Il sistema di scrittura del giapponese deriva dal cinese, sebbene le lingue parlate dai giapponesi e dai cinesi siano completamente diverse. I caratteri cinesi furono introdotti tra il il V e VI secolo, e, successivamente, sono stati integrati da 2 forme di alfabeto fonetico, derivati dai caratteri cinesi, ossia l'hiragana e il katakana.
Molti dialetti locali sono ancora in uso. Mentre il giapponese ufficiale, ossia il dialetto di Tokyo, si è gradualmente diffuso in tutto il paese grazie all'influenza dei mass media come la televisione, la radio e il cinema, in particolare i dialetti parlati a Kyoto e ad Osaka, continuano ad essere usati e mantengono il loro prestigio.

 

 

Fonologia

 

Gli italiani e gli spagnoli possono constatare che le vocali brevi del giapponese, ossia - a,i,u,e,o - si pronunciano in modo molto simile alle vocali delle loro lingue. Le vocali lunghe del giapponese, ossia - aa, ii, uu, ei, oppure ee, oo - si pronunciano raddoppiando la lunghezza delle vocali brevi (sebbene ei si pronucia spesso come se si trattassse di due vocali separate). La distinzione tra le vocali brevi e quelle lunghe è fondamentale, poichè cambia il significato di una parola.
I suoni consonantici sono k, s, sh, t, ch, ts, n, h, f, m, y, r, w, g, j, z, d, b e p. La fricativa sh (come, per esempio, nell'italiano "scimmia" e le affricate c h, ts e j (come, per esempio, nell'italiano "cena", "mazza" e "geranio") sono considerate consonanti singole. Il suono g è sempre il suono della g  gutturale, come, per esempio, nell'italiano "gatto".
Una differenza notevole con l'italiano sta nel fatto che il giapponese non ha accento tonico: ogni sillaba ha uguale accento. In giapponese, le sequenze di sillabe vengono scandite con la regolarità di un metronomo.
A differenza dell'italiano, il giapponese ha un sistema di accenti con toni alti e bassi.

 

Grammatica

 

Per quanto riguarda la struttura di base, la frase tipica giapponese è strutturata nel modo seguente: soggetto-oggetto-verbo. Per esempio, Taro ga ringo wo tabeta, letteralmente, significa "Taro una mela mangiò".
Spesso, nel giapponese, si sottintendono il soggetto o l'oggetto - o perfino tutti e due - quando si capisce che si possono intuire dal contesto, ossia, quando colui che parla o scrive è sicuro che la persona a cui si sta rivolgendo ha già informazioni riguardo alla situazione in questione. In tal caso, la frase già menzionata potrebbe diventare: ringo wo tabeta ("mangiò una mela") o, semplicemente, tabeta ("mangiò").
In giapponese, l'ordine delle parole non indica la funzione grammaticale dei sostantivi in una frase. I sostantivi non hanno il caso, come avviene in altre lingue. La funzione grammaticale viene invece indicata da particelle che seguono il nome. Le particelle più importanti sono ga, wa, wo, ni e no. La particella wa è particolarmente importante, poichè indica l'argomento o il tema di una frase. Per quanto riguarda il verbo, non vengono indicate né la persona né il numero. Nella lingua moderna, tutti i verbi riportati nel dizionario, terminano con la vocale u. In italiano si direbbe, dunque, che il verbo taberu significa "mangiare", in realtà esso è il tempo presente indicativo e, quindi, significa "mangio, mangi, ecc.". Altre forme coniugate sono tabenai  ("non mangia", "non mangiare"), tabeyo("mangiamo!"), tabetai ("voglio, vuoi ecc. mangiare"), tabeta ("mangiai" etc, "ho mangiato", etc), tabereba ("se mangio" etc) e tabero ("mangia!").

 

Il giapponese scritto

 

Mentre il cinese usa gli ideogrammi per scrivere tutte le parole, il giapponese, invece, usa due forme separate di alfabeti fonetici, chiamate kana, che si usano insieme ai caratteri cinesi. A volte, la lingua scritta contiene lettere dell'alfabeto romano, in acronimi come, per esempio, IBM, e perfino intere parole straniere - quindi, per scrivere in giapponese moderno, occorrono quattro differenti tipi di scrittura.
I caratteri cinesi - che in giapponese vengono chiamati kanji - sono in realtà ideogrammi, ognuno dei quali esprime una cosa o un'idea. Spesso, un kanji ha più di una lettura. In Giappone, essi si usano per scrivere sia le parole di origine cinese che quelle di origine giapponese.
Ci sono due forme di scrittura sillabica kana. Una è chiamata hiragana, e veniva usata prevalentemente dalle donne in epoca antica. E' costituita da 48 caratteri ed è usata, soprattutto, per scrivere parole di origine giapponese, particelle, desinenze dei verbi, e, spesso, parole di origine cinese che non possono essere scritte con i caratteri ufficialmente approvati per l'uso generale. a un sistema di accenti con toni alti e bassi. L'altra scrittura kana, chiamata katakana, è anch'essa costituita da 48 caratteri. Si usa principalmente per scrivere parole straniere che derivano da lingue diverse dal cinese, per dare enfasi alle parole, per le onomatopee e per i nomi scientifici della flora e della fauna.
Entrambi i tipi di kana sono più facili da scrivere rispetto alle forme derivate dal cinese. Sebbene i dizionari di giapponese più completi contengano fino a 50.000 caratteri, il numero che si usa è molto più esiguo. Nel 1946, il Ministero dell'Educazione ha stabilito il numero dei caratteri di uso generale e di uso ufficiale ossia 1850 caratteri inclusi 996 insegnati alla scuola elementare e alla scuola media. Nel 1981, la lista è stata ampliata ed i caratteri sono 1945.
In alcune pubblicazioni, a parte i quotidiani, non ci si limita a questa lista e molti lettori conoscono il significato di molti più caratteri di quelli insegnati alla scuola pubblica.
Il giapponese viene scritto o stampato in righe verticali che si leggono dall'alto in basso. Le righe cominciano dalla parte destra della pagina e, quindi, i libri si aprono, di solito, da quella che sarebbe l'ultima pagina di un libro di lingua occidentale. Fanno eccezione libri e periodici dedicati a speciali argomenti - tecnici o scientifici - che vengono stampati in righe orizzontali e letti da sinistra a destra.
Attualmente, c'è una tendenza a stampare i libri in righe orizzontali. Queste pubblicazioni si aprono allo stesso modo delle pubblicazioni occidentali.

 

Parole di origine staniera

 

Il giapponese ha abbondanza di parole proprie ed un gran numero di parole la cui origine è il cinese. Molte parole di origine cinese fanno ormai parte del linguaggio di tutti i giorni e non si distingue più se esse provengono da fuori o no. L'influenza culturale della Cina, nel corso dei secoli, è stata tale da influenzare la lingua usata in ambito intellettuale o filosofico. Quando, alla fine del XIX secolo e all'inizio del XX, sono stati introdotti nuovi concetti provenienti dall'Occidente, essi sono stati spesso tradotti facendo delle nuove combinazioni con i caratteri cinesi. Queste parole costituiscono un gruppo consistente e fanno parte del vocabolario intellettuale usato nella lingua giapponese moderna.
A queste parole di origine straniera si aggiungono molte altre parole provenienti dall'inglese e da altre lingue europee. Mentre la creazione di parole nuove continua, è diventato abituale usare le parole occidentali così come sono, per esempio, parole inglesi come "volunteer", "newscaster" e così via. Il giapponese ha anche inventato delle parole pseudo-inglesi come "nighter" che sta a significare "night games" (giochi notturni) e "salaryman" che sta a significare "salaried worker" ossia lavoratore salariato. Questa tendenza è aumentata notevolmente negli ultimi anni.

 
 


Linguaggio onorifico

 

Il giapponese ha sviluppato un intero sistema di linguaggio onorifico chiamato keigo, che viene usato da colui che parla per mostrare rispetto verso l'interlocutore. Ciò implica vari livelli di discorso e il keigo ha una vasta gamma di parole e espresioni tra cui scegliere, per produrre il grado di gentilezza che si desidera. Una semplice frase si può esprimere in più di venti modi, a seconda del livello di colui che parla in rapporto alla persona a cui si rivolge.
La decisione di un appropriato livello, per quanto riguarda la cortesia, può essere difficile, poichè il livello è determinato da una complessa combinazione di fattori, quali il livello sociale, il rango, l'età, il genere e perfino i favori fatti o dovuti. C 'è un livello neutro medio che si usa quando due persone si incontrano per la prima volta e non conoscono il loro grado in seno ad un gruppo e il cui stato sociale sembra lo stesso (ossia, non ci sono differenze evidenti nel modo di vestire o nelle maniere). In generale, le donne, parlano una lingua più cortese degli uomini e la usano più frequentemente.
La padronanza del keigo non è semplice e alcuni giapponesi sono più abili di altri. Varie parti del discorso possono essere termini onorifici: sostantivi, aggettivi, verbi e avverbi. Il keigo si usa quando ci si rivolge direttamente all'interlocutore parlando dei suoi (riferito sia all'uomo che alla donna) parenti, casa o possedimenti. Ci sono poi termini umili che colui che parla usa quando fa riferimento a se stesso o a cose collegate a sé. La distanza che si crea con l'uso di questi 2 livelli contrastanti esprime l'atteggiamento di rispetto verso la persona a cui ci si rivolge.

 

Nomi

 

Nella lingua giapponese si usano cognomi e nomi. Il cognome precede il nome. (I quotidiani di lingua inglese e le riviste in giapponese, comunque, di solito, fanno precedere il cognome dal nome, come è d'uso nelle culture occidentali). Quando ci si rivolge ad un'altra persona si usa san, dopo il cognome; san è l'equivalente di "Signore", "Signora" o "Signorina".
Il suffisso chan si usa dopo i nomi del bambini e i nomi di amici intimi. Altri titoli, come sensei per l'insegnante e il dottore, si uniscono come suffissi ai cognomi (dopo il cognome).
I nomi e i loro caratteri cinesi si scelgono per i loro significati di buon auspicio nella speranza che portino fortuna al bambino. Il governo ha autorizzato 2229 caratteri per i nomi.

 
 

 

Videoscrittura

 

In giapponese, si batteva a macchina con ingombranti macchine da scrivere. Nel 1978, è stato messo in vendita il primo sistema di videoscrittura giapponese, cosa che ha permesso alla lingua giapponese, di essere scritta foneticamente attraverso una tastiera .
Quando si immettono le parole giapponesi in un "word processor", si possono usare i kana o l'alfabeto romano. Il software converte tali scritture in kanji, quando è necessario.

 

 


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