O'Tama Ragusa (da nubile O'Tama Kiyohara)/Vincenzo Ragusa:
un precoce legame di amicizia Italia-Giappone


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L’inizio dei rapporti Italia-Giappone nel 1866, avvenne appena cinque anni dopo che l’Italia aveva ritrovato l’unità nazionale dopo lunghe e tormentate vicende storiche.
Dal Giappone, nel 1882, la giovane O’Tama (Tokyo1861-1939) giunse in Italia, a Palermo, e fu la prima artista giapponese a dipingere nello stile occidentale. La sua vicenda umana e artistica si lega proprio alla contingenza storica che si celebra in questo anno 2016. Infatti essa visse nella nostra città per cinquantuno anni, essendo divenuta la compagna dello scultore palermitano Vincenzo Ragusa (1841-1927), il quale fu invitato nel 1876 (IX anno dell’era Meiji) dal governo giapponese ad aprire a Tokyo una scuola d’arte occidentale.
L’esigenza del paese del Sol Levante, all’epoca, era quella di rinnovare ogni aspetto della civiltà e della cultura giapponesi, dopo due secoli di totale chiusura nei confronti del mondo occidentale.
Vennero invitati pertanto, tra gli stranieri esperti nei diversi settori che interessavano il paese, per il settore dell’arte tre italiani - considerato il prestigio dell’Italia in campo artistico - selezionati dall’Accademia milanese di Brera, per far conoscere ai giovani i modi dell’arte dell’Occidente.
Pur essendo nato in Sicilia, Vincenzo Ragusa si trovava proprio in quegli anni a Milano e, avendo riscosso con le sue opere un notevole successo, fu inviato a Tokyo insieme al pittore Antonio Fontanesi e all’architetto Giovanni Vincenzo Cappelletti. Questi artisti avrebbero dovuto, attraverso nuove metodologie didattiche, come si legge nei Regolamenti della Scuola, “supplire ai difetti dell’arte nostrana creando nuovi studi e ricerche sulla rappresentazione realistica” e quindi “importare la tecnica dell’Occidente moderno nella nostrana tradizione artigianale …”
Vincenzo Ragusa, nei quasi sette anni di permanenza a Tokyo in qualità di docente di scultura, conobbe e frequentò la famiglia di O’Tama tra i due nacque un intenso rapporto di amicizia e amore che in seguito li condurrà al matrimonio.
O’Tama amò Palermo tanto da considerarla sua seconda patria e la lasciò, dopo la morte del marito, a malincuore nel 1933 per far ritorno a Tokyo, dove morì nel 1939 e dove è tuttora conosciuta e apprezzata. Anche a Palermo, negli ultimi anni si è avuto il recupero della sua personalità, delle sue opere, del suo lavoro, della sua romantica vita. Se ne comincia a comprendere lo spessore e ci appare impossibile immaginare quel mezzo secolo a Palermo senza di lei: una presenza discreta, instancabile e appassionata del proprio lavoro, per certi versi all’ombra del marito ma a ben guardare sufficientemente autonoma per l’epoca capace di instaurare rapporti duraturi e profondi con quella borghesia palermitana colta e aperta, alla quale offriva il proprio qualificato lavoro di “maestra di pittura”; ma soprattutto, a differenza delle donne del tempo spesso dedite alla pittura per diletto, O’Tama intendeva il proprio lavoro come una vera professione, accettando incarichi anche di un certo rilievo. |
Il suo inconfondibile stile, ricco di umori orientali ma impostato su tecniche espressive occidentali, tipiche del naturalismo romantico, ha avuto effetti nel lavoro di tanti giovani, prima all’interno della Scuola di arti orientali, fondata a Palermo nel 1884 da Vincenzo Ragusa, e poi attraverso le lezioni impartite privatamente a tanti giovani. O’Tama e Vincenzo ebbero un ruolo importante coronato da successo nell’ambito dell’Esposizione Nazionale che si tenne a Palermo del 1891-92.
Vissero in quella Palermo dove la sensibilità alle cose dell’arte era il segno dei tempi nuovi: sorgevano splendidi teatri lirici, come il Teatro Massimo, il verde dei giardini invadeva le piazze, le architetture liberty di Ernesto Basile e della sua scuola impreziosivano le strade della città, mentre si innalzava sul viale della Libertà il Monumento equestre di G. Garibaldi di Vincenzo Ragusa. Una città da poter ancora definire Palermo felicissima.
Autore: Prof.ssa Maria Antonietta Spadaro, architetto e storico dell’arte - Palermo |

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