Italia-Giappone: 150 anni di amicizia costante
Noemi Lanna (Professore associato di Storia  e istituzioni del Giappone,
 Università degli studi di Napoli “L’Orientale”)
      Il 25  agosto 1866 Italia e Giappone firmavano il Trattato  di amicizia e di commercio che auspicava “pace perpetua ed amicizia  costante tra Sua maestà il Re d’Italia e Sua maestà il Taicoun, i loro eredi e  successori” e tra i rispettivi popoli, “senza eccezione di luogo o persona”. L’augurio,  formulato nel primo articolo dell’accordo, è diventato realtà: nei 150 anni trascorsi  dalla firma del trattato, le relazioni tra Italia e Giappone sono state costantemente  amichevoli.
      Nel periodo  successivo all’apertura delle relazioni ufficiali, varie circostanze contribuirono  a determinare una significativa convergenza di interessi tra i due paesi.  Innanzitutto, Italia e Giappone erano uniti da complementari esigenze  commerciali. L’Italia, per la quale la sericoltura costituiva una fondamentale  attività economica, era alle prese dal 1854 con una perniciosa infezione che aveva  colpito quasi tutte le aree sericole della penisola. Questa epidemia, diffusa  anche nel resto d’Europa, spinse gli imprenditori italiani a guardare con interesse  al mercato delle uova di baco da seta giapponese. Per il Giappone, d’altro  canto, la domanda italiana costituiva un’importante fonte di rendita: si  calcola che tra la fine del periodo Tokugawa (1603-1868) e l’inizio del periodo  Meiji (1868-1912) l’Italia sia arrivata ad assorbire fino ad un quinto delle  esportazioni giapponesi. Oltre che da fattori commerciali, la cordiale intesa  tra i due popoli era favorita anche dall’aura di simpatia creata intorno  all’Italia dal Risorgimento. Agli occhi dei giapponesi, l’esperienza  risorgimentale italiana appariva molto simile alle vicende che, pressappoco  negli stessi anni, avevano causato la fine dello shogunato e la Restaurazione  Meiji (1868). 
      Con queste  premesse, non stupisce che, nel 1881, il vascello italiano Vettor Pisani sia stata la prima imbarcazione straniera a ricevere  l’onore di una visita dell’Imperatore giapponese. Del resto, l’ottimo stato  delle relazioni bilaterali era stato confermato anche otto anni prima, in  occasione della visita in Italia della missione Iwakura (1871-3). La missione  diplomatica, salpata dal Giappone alla volta degli Stati Uniti e dell’Europa,  aveva il duplice scopo di presentare le credenziali del nuovo governo giapponese  agli stati visitati e di far acquisire al Giappone conoscenze dirette sulle  loro istituzioni politiche, economiche e giuridiche. In Italia, la delegazione  giapponese si fermò dal 9 maggio al 3 giugno 1873, visitando varie città. Nel  1888, fu istituita la Società italo-giapponese (Nichi-I gakkai) che grande impulso avrebbe dato alla reciproca  conoscenza della cultura dei due paesi. 
      La Prima  guerra mondiale vide Italia e Giappone schierati al fianco delle potenze della  Triplice intesa (Francia, Gran Bretagna, Russia). Anche dopo la firma del  trattato di pace, le strade dei due paesi non si separarono. Nel clima  fortemente impregnato di idealismo dell’immediato dopoguerra, Roma e Tokyo diventarono  sempre più vicine: sul piano simbolico, in seguito alla visita in Italia del  futuro imperatore Hirohito, avvenuta nel 1920; sul piano materiale, grazie al primo  volo Roma-Tōkyō, effettuato nello stesso anno da due piloti italiani. Purtroppo,  i due paesi finirono col condividere anche il nefasto processo che portò alla  crisi della democrazia liberale e all’espansionismo militaristico, come  testimoniato dal Patto anti-Komintern (1937) e dal Patto tripartito (1940). 
      Il 1945 segnò  un nuovo inizio per Giappone ed Italia. Ancora una volta, le scelte dei due  paesi si incrociarono. La neo-nata Repubblica italiana fondò la sua esistenza  sui valori democratici dell’antifascismo, della Resistenza e del ripudio della  guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Il  Giappone fece della democrazia e del pacifismo le basi della sua rinascita. Complessivamente,  gli anni della Guerra fredda sono stati un periodo molto proficuo per i due  paesi: il dialogo politico si è sviluppato ai più alti livelli e il volume  degli scambi commerciali è progressivamente aumentato. Le iniziative in ambito  culturale si sono intensificate, grazie alla preziosa attività dell’Istituto  giapponese di cultura (inaugurato a Roma nel 1962) e del ricostituito Istituto  italiano di cultura (riaperto a Tokyo nel 1959). Inoltre, l’erogazione di  numerose borse di studio ha consentito a generazioni di giovani studiosi dei  due paesi di venire in contatto, creando una vera e propria comunità accademica  transcontinentale.
      Vari  fattori hanno contribuito a perpetuare l’amicizia e la pace tra i due paesi. In  primo luogo, va ricordato che la firma del Trattato  di amicizia e commercio (1866) non fu preceduta soltanto dalle già  menzionate missioni commerciali dei setaioli italiani, ma anche da reiterati e  significativi contatti tra i due paesi, le cui origini risalgono al sedicesimo  secolo. Proprio quest’anno, si è celebrato il quattrocentesimo anniversario  dell’arrivo a Roma della missione guidata dal giapponese Hasekura Tsunenaga, partita  da Sendai nel 1613. Come è stato meticolosamente documentato dai contributi  contenuti nei volumi Italia-Giappone 450  anni (curati dal Professor Adolfo Tamburello) ai quali si rinvia per  approfondimenti, quella tra Italia e Giappone è una relazione di lunga durata,  che ha toccato vari aspetti della vita politica, economica e culturale dei due  paesi. 
      In secondo  luogo, il contesto internazionale all’interno del quale si sono sviluppati i  rapporti tra Giappone ed Italia ha inciso positivamente sulla relazione  bilaterale. Nella seconda metà del diciannovesimo secolo, quando fu concluso il Trattato di amicizia e commercio,  Italia e Giappone erano due late-comer,  cioè due paesi che avevano intrapreso i loro rispettivi processi di  modernizzazione in ritardo rispetto alle grandi potenze che all’epoca  dominavano il sistema internazionale. Per questo motivo, Roma e Tokyo dovettero  misurarsi con gli stessi vincoli sistemici e perseguirono gli stessi obiettivi,  cioè la ricerca del prestigio e del riconoscimento all’interno dell’arena  internazionale. Allo stesso modo, dopo il 1945, quando il sistema  internazionale assunse una struttura bipolare, Giappone e Italia si trovarono  nuovamente a dover rispondere a sfide analoghe. Nel mondo rigidamente diviso in  blocchi, la priorità divenne garantire la sicurezza del proprio territorio,  senza pregiudicare la possibilità di una rapida ripresa del sistema economico,  fortemente danneggiato dalla guerra. Anche in questo caso, i due paesi operarono  scelte simili: optando per un allineamento (bandwagoning)  con gli Stati Uniti, riuscirono a massimizzare i vantaggi della loro peculiare  collocazione geografica e ad assicurare pace e prosperità alle loro popolazioni.  Ancora oggi, Giappone e Italia continuano a camminare fianco a fianco, forti  dei profondi legami che le uniscono.
      N.B. Il contenuto del presente testo non rispecchia le opinioni del governo.

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